20060228

Comunicato dall'estremo oriente #2

29 febbraio 2006
quarto giorno del nuovo calendario coreano,
cari affezionati benvenuti nel mio primo blog. uno dei regali più tempestivi e maledettamente appropriati. opera del principale rappresentate della lobby giudaica che controlla tutta torino tranne la pancia di loris (che, come tutti sanno anche qua, è incontrollabile). grazie luca.

primo fatto. finalmente La ho incontrata. ho incontrato molte persone in questi giorni, ma devo dire che nessuna ha valore quanto Lei. diciamocelo chi di noi omunculi non vorrebbe un giorno camminare per le vie secondarie di una qualsiasi delle città fondali dei cartonianimatigiapponesi e incontrare La Collegiale. con la gonna corta con le pieghette blu, la camicetta bianca sotto la giacchina blu anch’essa, ancheggiante i capelli legati in due code. petulava al cellulare. sorrideva e stringeva gli occhi fini. ma. in più. oltre tutto questo fare ondulato e muovere sottile, teneva la carta di credito tra i denti.
secondo fatto. sono entrato nella scuola. molto bene. è polverosa al punto giusto, proprio come piace a me. mi hanno dato un cubicolo come in un pollaio. che detta così è triste, ma in fondo per questo siamo stati mandati in questo triste mondo orientale pieno di carabattole: per togliere la polvere. comunque è il più vicino alla finestra con la tenda chiusa. ho aperto la tenda e adesso è il più vicino al mondo esterno. altro vantaggio: dall’ascensore della mia futura casa vedo dentro il cubicolo. e adesso parlo della mia futura casa, anche perché cercare dei vantaggi delle cose le sminuisce. dicevo, la casa. dall’italia, come sapete (e se non sapete aspettate un attimo), ero in trattativa per un largamente finestrato appartamento vs uno piccolamente finestrato. allora. il compromesso è stato che mi danno la casa la settimana prossima, in compenso la finestra non è né piccola né grande, bensì è tutta una serie di aperture in circolo sulla città. nono piano. abiterò dentro una torre. faccio crescere la treccia per La Collegiale. a scuola ho iniziato a conoscere un poco di persone, tra professori (ehm… colleghi) segretari e studenti. mano mano andrò raccontando di ciascheduno, appena avrò meglio delineato le personalità. tra i primi andranno sicuramente Housungil-Seag-Haijho-Lo, Cristo, Inja –che qualcuno di voi già conosce- il professor Hoosung Mik, Rogér, Fabrizio, e il Ceco.
terzo fatto. uscito dalla scuola, rassicurato che in fondo ‘sta scuola esiste e che proprio io sono quello che avevano chiamato e non altri, decido che in fondo posso anche passeggiare per qualche isolato, e prendere la metropolitana in largo francia al posto di piazza bernini. realizzo solo troppo tardi che ogni isolato fa cinquecento metri, e che la prossima fermata è tra tre isolati. vabbé tanto c’è il sole. poi ho visto che c’era una scala per scendere nel sottopassaggio e attraversare la strada, tipo quello che c’era sotto corso vittorio all’altezza di porta nuova. sono sceso e al posto dei cinque negozi c’era un ardito gioco di specchi. però senza specchi. in pratica sotto la strada, e lungo la strada (non attraverso) corre un centro commerciale, con centinaia di piccole rivendite di qualsivoglia affare. no no, niente alla bleidranner. tutto pulito lindo, ordinato e le persone che un po’ ti guardano strano ‘che cosa vuole questo; sicuramente non le mie lenzuola’. ma io no. non ero interessato ai negozi sotto. io volevo semplicemente risalire dall’altro lato della strada. presa la scala, risalgo in superficie. e lì sì che c’è bleidranner. alla luce e senza pioggia, però. come bleidranner? bleidranner: da laggiù a laggiù. bleidranner è tutttta una struttttura che si sviluppa a repentino. per iniziare una linea lunga per lo meno trecento metri a due campate divise da una fila inininininterrotta di baracchini per la cucina. ho visto di tutto: salsicce (fi 80) con dentro altre salsicce di sangue e strani vermi bianchi; polipo marinato con tentacoli uscenti dal vaso; donne cuoche che mi invitavano a sedermi accarezzando la salsiccia di cui prima (felliniano, dice marco), frittate tipo quelle spagnole che non mi viene il nome ma con gamberi o alghe; navi in fiamme a largo dei bastioni di orione; persone tranquillamente sedute intorno al luogo di cottura che aspettavano di mangiare; zuppe con i fumi che uscivano come le bevande della famiglia addams. cani con il guinzaglio niente. liberi a non meno di 60.000 won al chilo. poi da un lato e dall’altro delle due navate partivano delle linee singola navata di settori di mercato dedicati. lenzuola? quaranta negozietti di lenzuola e solo lenzuola. piumoni? sessanta metri (bilatero) di piumoni, a fiori, righe nere, colorate, orsetti, cani (!), giraffe. e altri animali, ma non mi vengono in mente. bottoni. lampade. scarpe. mi sono ritrovato per caso fuori. due isolati e tre quarti d’ora dopo. e non mi sono mai fermato a guardare bene… il mercato, mi dicono, è almeno cinque volte più grosso. poi c’è anche quello delle erbe medicinali e quello degli apparecchi elettronici (usati e nuovi, due mercati). poi c’è quello che sta aperto ventiquattro ore, cambia i venditori, ma le bancarelle no.
quarto fatto. sono arrivato a casa un poco provato, ma pieno di cose da poter pensare a. e mentre le ricomponevo raccontandole ai miei gentili ospitatori (lo so che si dice ospiti, ma se qualcuno poi pensa che una casa già ce l’ho? vabbé) i miei gentili ospiti, ci è venuta fame (che poi ce l’avevo già, la salsiccia di sangue e vermi, i cani, i piumoni…): manzo? e manzo sia. vicino a casa c’è di tutto. a cinquanta metri un negozio prometteva una sorta di grigliata, con il tavolo con il buco in mezzo e il fuoco dentro (cinquanta metri di qua e di là, è una casa simmetrica). marco con fare da coreano si fa avanti e dice ‘cuonkalojan babulo’. cuonkalojan non sono sicuro, babulo un po’ di più. cominciano a portare i soliti piattini di salsine e piccanterie varie e insieme un piccolo piatto di alghe. io penso: a pranzo ho mangiato doncas (see previous mail) di pesce e di maiale insieme, le alghe con la grigliata di manzo sono la morte loro. poi arriva il piatto principale, due bei pesci, uno chiuso e l’altro aperto. io carne per carne dico va bene. marco dice meglio il manzo. simone conviene manzo s’è detto manzo sia. ‘mi scusi gentile signora’ dice marco (lo dice in coreano, però) ‘cuonkalojan ne cunciol janhoneno babulo’. come prima, sono più sicuro del babulo che del resto. sorriso imbarazzato della signora, inchino reverente. si gira e se ne va. sorriso trionfale di marco, si gira e dice ‘ecco così va meglio’. io guardo i pesci che mi dicono ‘che cosa ci avevamo noi che non andava bene?’ pochi secondi e la gentile signora torna, accende il braciere bracierentrico e scopre una pentola di verdure piccanti. poi se ne va. noi ci guardiamo. guardiamo i pesci e prendiamo le bacchette.
quinto fatto. questo pomeriggio sono andato nel mio ufficiolo a scuola per giocare al professore e per capire quante cose fare ancora per avere una casa, dei soldi e una carta che dica che non sono clandestino. (anche se qui la bossi-fini ancora deve passare al senato). mi è arrivato un sms sul mio telefono mobile coreano. naturalmente mi è arrivato in coreano. dev’essere La Collegiale. (sì ho due telefoni portatili, adesso che lo sapete potete prendermi in giro. il numero no, sennò mi fate gli scherzi telefonici notturni)
sesto fatto. soprattutto per la mia mamma. oggi ho mangiato una zuppa vietnamita, composta da noodles (mamma, sono spaghettini), brodo di manzo (finalmente), con tanto di manzo magrissimo e delicatissimo, cipolla bianca ammorbidita e basta. ciotola semisferica diametro 25 centimetri colma.

primo avvertimento. naturalmente scrivo queste cose così belle perché ciascuno di voi venga a trovarmi. attenti, però. non pensate, dato che siete così bravi a mangiare senza forchetta al ristorante cinese o giapponese, di venire qui e schiacciarvi i brufoli con le bacchette. qui non sono quei pezzi di tronchi che ci fanno usare in italia. qui sono due aghi di acciaio inox, sottili. sezione quadrata in coda e rettangolare in testa. aderenza sulla pelle nulla. io (non sono uno bravo, devo dire) dopo un quarto d’ora ho i crampi in mezzo al palmo. e dire che lì il muscolo c’è.
secondo avvertimento. ora. io mi diverto un sacco a scrivervi. è un modo per rubarvi delle preoccupazioni e di sostituirle con il pensiero di me. però non garantisco il flusso costante di comunicati. magari tra un mese o tra una settimana o dopodomani qualcuno di voi si aspetta altri fatti. magari invece no. non si sa mai, io vi ho avvertiti.

alla prossima, davide

20060227

Comunicato dall'estremo oriente #1

26 febbraio 2006
primo giorno del nuovo calendario coreano, che accidentalmente coincide con il mio compleanno. faccio finta che non mi importa niente che non ve ne siete ricordati, ma questo anno a differenza degli altri vi perdono. vedremo l’anno prossimo che perdipiù sarà anche il nuovo capodanno del nuovo anno coreano…

allora. vorrei dire un sacco di cose che mi stanno succedendo, anche a livello fisco, tipo questa strana malattia della ricrescita del capello assente e della pancia che si trasforma in una sorta di tartaruga di addominali. ma mi dicono che è così. quando si guarda da distante tutte le prospettive si schiacciano e le cose si guardano meglio (e migliori). tranne alcune eccezioni, tra cui le elezioni di aprile, il mondiale di formula uno, il campionato del toro e quel lardoso di loris. tutto il resto, dico tutto, mi manca, anche se per adesso diciamo è come se avessi spento il telefono andando in svizzera per un weekend. solo che non sono in svizzera.
qui come uno spin-off delle migliori serie tv viene fuori tutta un’altra lettera che però a voi non dico.

ma veniamo al dunque.
primo fatto. ho preso l’aereo per andare in corea. non è l’unica soluzione per il viaggio, ma chissà come tutti pensano subito a questa. ed io con essi, e manconelle. solo che come i più sanno l’aereo caselle-incheon non c’è ancora (malgrado il fottio di medaglie olimpiche che si sono portati a casa) e quindi ho cambiato aeroplano a frankfurt (chissà quante medaglie…). è stato semplice. un po’ lungo, ma semplice. e credo di poterlo fare altre volte. anche all’indietro. credo, non sono sicuro.
vi farò sapere. e comunque l’aereo nell’atterraggio a frankfurt ha fatto tutta una sbandata e ho pensato bon. ah no prima. sull’aereo ho incontrato gilardi, impresario di chieri con cui ho lavorato per il negozio di ruffatti (chi non sa chi è gilardi, dov’è chieri cos’è ruffatti, non gli frega neanche sapere che andava a trovare la sua fidanzata rumena a praga. la fidanzata ha ventun’anni e l’ha obbligato a divorziare dalla moglie, pensa te). comunque anche lui ha pensato bon.
secondo fatto. il famoso e tremendo fatto del viaggio di dieci ore in aereo fino a seoul che ti annichilisce e non riesci più a muoverti e quando arrivi hai tutti i muscoli flaccidi e svieni e ti trovi in un bagno dell’aereo tutto sudato che ti manca un rene è falso. chi come me ha fatto ripetutamente torino catania in treno neanche si accorge di essere partito.
terzo fatto. ho preso un autobus coreano e ho fatto la prima chiacchierata con un coreano, che tornava dalla cina per un’esposizione di macchine ottiche. poi sono sceso e avevo una mappa per l’incontro con simone e marco. e sono andato all’incontro. poi li ho chiamati al telefono coreano, perché erano in ritardo (questioni di fuso). mi sono seduto sulla valigia da immigrato con spago e cartone, la carta in mano per leggere il futuro. quand’ecco. un’avvenente coreana si accosta e mi chiede con suave voce se ho bisogno di lei. mi guarda con l’occhi languidi e mi lascia immaginare le sue avvenenti forme bidimensionali. alzo lo sguardo italico e fiero verso il volto lunare e penso non ho bisogno di te ho bisogno della svizzera. e proprio quando lo sto per dire a gran voce, ecco che sopraggiunge il rumore tutto casalingo del bicilindrico ducati, al cui bordo cavalcavano raggianti i due luogotenenti. salutato il canto della sirena locale, preso un tassì. a casa e poi
quarto fatto. ho mangiato la prima cena giappo-coreana. in verità avevo già assaggiato sull’aereo il bidibibodibibù preparato dalla mia compagnia aerea tedesca preferita, ma non vale. insomma siamo andati in questo posto vicino a dove dormo ora in attesa della definitiva casa-con-grande-finestra-su-panorama-seoulliano. ci siamo seduti e prese le bacchette abbiamo mangiato un donkas, chè è buono, ma niente di diverso da un buon cordon bleu di porco con un contorno di sani cavoli. poi c’era un poco di chemici, che sono cavoli piccanti e un frutto giallo dolce dolce affettato fino fino. che mi dicono che è rapa messa sotto aceto, zucchero e un colorante tossico. poi il riso scotto e due salse molto buone che coprivano il gusto di tutto. ah. l’acqua è gratis e abbondante. non gassata. il tutto su un unico vassoio molto grande che mi ha saziato abbondantemente. 6000 won. che sono 5 euro.
quinto fatto. è che la roba del fuso che ho detto è una cacchiata. mi sono svegliato questa mattina alle quattro poi ho dormito fino alle undici. è perché la freccia del sud era in ritardo.
sesto fatto. mi sono svegliato che i tre angeli che mi ospitano avevano portato la torta una candela da spegnere e una partita di risiko, giusto per rendere chiaro che il mondo è mio. ho perso la partita, ma non era quello il desiderio con cui ho soffiato la candela. e la torta era buona.
settimo fatto. ho finalmente fatto un giro per seoul, la zona dove sto ora. strade a nove corsie e una via con tutti gli edifici degli stilisti uno a fianco all’altro, in linea come le tombe di famiglia con i nomi scritti a lettere capitali. naturalmente il migliore è armani. poi faceva freddo, ma non è l’aria, è che c’è vento. e allora ho preso un té caldo in un posto pieno di gente piatta. e sono rientrato.
ottavo fatto mi sono messo a scrivere a te, caro lettore.

prima impressione. è che anche dall’altra parte ci sono delle persone fatte grossomodo come noi altri della giusta parte. solo che sono tutti attori di un film psicotico del peggiore regista coreano.
seconda impressione. è che è tutto un poco più grosso di come uno se lo immagina. tranne le persone dell’altra parte del mondo che sono proprio piccoli.
ultima impressione. è che, cacchio, proprio quando sono partito berlusconi doveva morire, la bonino diventare la prima presidente della repubblica donna in italia, la metropolitana chiamarsi sus e funzionare a tutte l’ore, rocca vincere l’oro in slalom?

alla prossima, davide