26 febbraio 2006
primo giorno del nuovo calendario coreano, che accidentalmente coincide con il mio compleanno. faccio finta che non mi importa niente che non ve ne siete ricordati, ma questo anno a differenza degli altri vi perdono. vedremo l’anno prossimo che perdipiù sarà anche il nuovo capodanno del nuovo anno coreano…
allora. vorrei dire un sacco di cose che mi stanno succedendo, anche a livello fisco, tipo questa strana malattia della ricrescita del capello assente e della pancia che si trasforma in una sorta di tartaruga di addominali. ma mi dicono che è così. quando si guarda da distante tutte le prospettive si schiacciano e le cose si guardano meglio (e migliori). tranne alcune eccezioni, tra cui le elezioni di aprile, il mondiale di formula uno, il campionato del toro e quel lardoso di loris. tutto il resto, dico tutto, mi manca, anche se per adesso diciamo è come se avessi spento il telefono andando in svizzera per un weekend. solo che non sono in svizzera.
qui come uno spin-off delle migliori serie tv viene fuori tutta un’altra lettera che però a voi non dico.
ma veniamo al dunque.
primo fatto. ho preso l’aereo per andare in corea. non è l’unica soluzione per il viaggio, ma chissà come tutti pensano subito a questa. ed io con essi, e manconelle. solo che come i più sanno l’aereo caselle-incheon non c’è ancora (malgrado il fottio di medaglie olimpiche che si sono portati a casa) e quindi ho cambiato aeroplano a frankfurt (chissà quante medaglie…). è stato semplice. un po’ lungo, ma semplice. e credo di poterlo fare altre volte. anche all’indietro. credo, non sono sicuro.
vi farò sapere. e comunque l’aereo nell’atterraggio a frankfurt ha fatto tutta una sbandata e ho pensato bon. ah no prima. sull’aereo ho incontrato gilardi, impresario di chieri con cui ho lavorato per il negozio di ruffatti (chi non sa chi è gilardi, dov’è chieri cos’è ruffatti, non gli frega neanche sapere che andava a trovare la sua fidanzata rumena a praga. la fidanzata ha ventun’anni e l’ha obbligato a divorziare dalla moglie, pensa te). comunque anche lui ha pensato bon.
secondo fatto. il famoso e tremendo fatto del viaggio di dieci ore in aereo fino a seoul che ti annichilisce e non riesci più a muoverti e quando arrivi hai tutti i muscoli flaccidi e svieni e ti trovi in un bagno dell’aereo tutto sudato che ti manca un rene è falso. chi come me ha fatto ripetutamente torino catania in treno neanche si accorge di essere partito.
terzo fatto. ho preso un autobus coreano e ho fatto la prima chiacchierata con un coreano, che tornava dalla cina per un’esposizione di macchine ottiche. poi sono sceso e avevo una mappa per l’incontro con simone e marco. e sono andato all’incontro. poi li ho chiamati al telefono coreano, perché erano in ritardo (questioni di fuso). mi sono seduto sulla valigia da immigrato con spago e cartone, la carta in mano per leggere il futuro. quand’ecco. un’avvenente coreana si accosta e mi chiede con suave voce se ho bisogno di lei. mi guarda con l’occhi languidi e mi lascia immaginare le sue avvenenti forme bidimensionali. alzo lo sguardo italico e fiero verso il volto lunare e penso non ho bisogno di te ho bisogno della svizzera. e proprio quando lo sto per dire a gran voce, ecco che sopraggiunge il rumore tutto casalingo del bicilindrico ducati, al cui bordo cavalcavano raggianti i due luogotenenti. salutato il canto della sirena locale, preso un tassì. a casa e poi
quarto fatto. ho mangiato la prima cena giappo-coreana. in verità avevo già assaggiato sull’aereo il bidibibodibibù preparato dalla mia compagnia aerea tedesca preferita, ma non vale. insomma siamo andati in questo posto vicino a dove dormo ora in attesa della definitiva casa-con-grande-finestra-su-panorama-seoulliano. ci siamo seduti e prese le bacchette abbiamo mangiato un donkas, chè è buono, ma niente di diverso da un buon cordon bleu di porco con un contorno di sani cavoli. poi c’era un poco di chemici, che sono cavoli piccanti e un frutto giallo dolce dolce affettato fino fino. che mi dicono che è rapa messa sotto aceto, zucchero e un colorante tossico. poi il riso scotto e due salse molto buone che coprivano il gusto di tutto. ah. l’acqua è gratis e abbondante. non gassata. il tutto su un unico vassoio molto grande che mi ha saziato abbondantemente. 6000 won. che sono 5 euro.
quinto fatto. è che la roba del fuso che ho detto è una cacchiata. mi sono svegliato questa mattina alle quattro poi ho dormito fino alle undici. è perché la freccia del sud era in ritardo.
sesto fatto. mi sono svegliato che i tre angeli che mi ospitano avevano portato la torta una candela da spegnere e una partita di risiko, giusto per rendere chiaro che il mondo è mio. ho perso la partita, ma non era quello il desiderio con cui ho soffiato la candela. e la torta era buona.
settimo fatto. ho finalmente fatto un giro per seoul, la zona dove sto ora. strade a nove corsie e una via con tutti gli edifici degli stilisti uno a fianco all’altro, in linea come le tombe di famiglia con i nomi scritti a lettere capitali. naturalmente il migliore è armani. poi faceva freddo, ma non è l’aria, è che c’è vento. e allora ho preso un té caldo in un posto pieno di gente piatta. e sono rientrato.
ottavo fatto mi sono messo a scrivere a te, caro lettore.
prima impressione. è che anche dall’altra parte ci sono delle persone fatte grossomodo come noi altri della giusta parte. solo che sono tutti attori di un film psicotico del peggiore regista coreano.
seconda impressione. è che è tutto un poco più grosso di come uno se lo immagina. tranne le persone dell’altra parte del mondo che sono proprio piccoli.
ultima impressione. è che, cacchio, proprio quando sono partito berlusconi doveva morire, la bonino diventare la prima presidente della repubblica donna in italia, la metropolitana chiamarsi sus e funzionare a tutte l’ore, rocca vincere l’oro in slalom?
alla prossima, davide
No comments:
Post a Comment