20070317

Articolo #1

modestli.
credo che si possa anche intercettare su torino sette di questa settimana.

alla prossima, davide

dlsmr
mxaekl
fowlso

20070309

Indirizzo #2

davide musmeci
#405 Soho Building, 199-8, Dongsung-dong, Jongno-gu, Seoul, 110-880, Korea

alla prossima, davide

odgrief

20070307

Sanremo #57

nada superiore a tutto e a tutti.
e basta.

alla prossima, davide

klklcuu
ajdcwuv

20070123

Annunciaziò #2

22 gennaio 2006
secondo giorno dopo paula
è nata paula, la figlia di christina e florian. florian è il fratello de la svizzera.
mancano veramente solo piccole formalità per essere definitivamente lo zio di corea.
alla prossima, davide

en passant. l'inglese, ma perché?

aidop

20070111

20070109

I’ve been tagged

I’ve been tagged by luca.
I didn’t know what does to be tagged mean. Actually I still don’t know it exactly, but I understood that when you’ve been tagged you have to react anyway, and you have to thank who tagged you. It does seem people blow jobbing each other: and, as john wayne would say, when I’m asked to come, I’m coming.
First, thankyou luca; than here I am:

1. I hate to be misunderstood.
i hate to be considered obvious.
2. I started blogging because luca, and his stupid idea to give me a webblog as a present for my first birthday in seoul, that was my first day in korea too. It’s one year that my blog looks at me from the bottom of my browser, and it's six months that I feed it with the left-overs of my mind. That's why I feel guilty every time I look the ‘516.46’ folder on my desktop.
3. It’s almost five years I’m living out of my family-apartment. I didn’t say anything jet to my mother; she could shout me to come back.
4. I’m addicted to everything that surrounds sex, the first lip of the first love kiss and the best spark of the best orgasm, and when you goodbay each other and you remember the first lip of the first love kiss and the best spark of the best orgasm, and when you goodbay each other and you remember the first lip of the first love kiss and the best spark of the best orgasm, and when you goodbay each other and you remember the first lip of the...

4bis. i love Moretti, by i love more la svizzera.
5. Once I used to have a full head of my hair. Last September Marco gave me a wig, and I use it when it’s cold: I come in a restaurant and I take off it, like it was a hat.

Here other two blogs I would like to come with:

a) the divine spappari, my first comment, my first love on web.
b) blurb, it’s obvious –see 1.–.

See you next,
davide


This is my first post in English. Maybe it's full of mistakes. Anyway, please don’t blame me, otherwise I call my mama.
qjlxdfpb
neyrqq
bnetzs

20061226

Branding life

Conobbi mia moglie al Lotte Department di Myeongdong, ormai due Peppero Day fa. Mangiava un Bulgogi Burger Set seduta ad un tavolo del Lotteria. La sera stessa la portai al mio appartamento al trentesimo piano del Lotte Castle di Cheonggyecheon.

Lotte è una compagnia coreana che diversifica le proprie attività in modo scoordinato e allo stesso tempo totalizzante: costruisce giganteschi centri residenziali, gestisce altrettanto enormi department store, prepara assortiti dolciumi. (Tra parentesi, Lotte non è la sola diversificata compulsoria; Hyundai costruisce automobili e grattacieli di appartamenti, Samsung assembla computer, quartieri e linee di abbigliamento, SK fa telefoni e vende benzina, Daelim vende moto e cessi).

In Corea gli indirizzi ci sono, ma nessuno li usa. I coreani usano i landmark.
Ci si incontra normalmente all’uscita numerata di una stazione della metropolitana numerata.
Ma una più frequentata forma di riferimento di luogo è l’ente edificio. È abitudine darsi appuntamento all’ingresso di tal o talaltro palazzo, dalle dimensioni fisiche importanti: questo palazzo è tradizionalmente (?) un department store.


Quello che risulta dalla combinazione di necessità di landmark e dalla companizzazione del suddetto, è un potenziale landbranding. 'Ci vediamo al Lotte' intendendo il department store a Myondong, è frase comune. E prego di apprezzare la differenza dal nostrano ‘Ci vediamo di fronte alla Feltrinelli’. Primo perché al Lotte department store e ti ci trovi all’interno; secondo al Lotte ci vai con l’intento di rimanerci una vita, passeggiando tra fastfood (di nome Lotteria), negozi Louis Vuitton e Gucci, ristornati, caffetterie, cinema, palestre e dutyfree.

Presupponendo che, una volta stanco, tornerai a casa al
Lotte Castle.

Il settore dolciumi di Lotte ha inventato una particolare versione dei mikado, e li ha chiamati
Pepero. Poi ha preso una data, l’ha dichiarata il giorno degli innamorati e l’ha rinominata il Pepero Day. La data è l’undici novembre, e si scrive 1111, come quattro bastoncini affiancati.

come annunciato nel cablogramma #2, questo post è stato pubblicato in blurb, per la rubrica so long and thanks for all the fish.
alla prossima, davide


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20061115

Total Recall

La cultura coreana è costellata di eventi più e meno sociali. La vita economica ruota intorno ad un unico elemento aggregante: la cena di lavoro.
Utile sapere che in tali occasioni, se l'obbiettivo è la firma di un qualsivoglia contratto, tappa finale ed obbligata è la sbronza colossale e collettiva. Non c'è accordo che venga siglato con mano sobria e non annebbiata dai fumi dell'alcool. E come si sa, dove nasce la domanda il mercato ha già la risposta.




Il buon medico Jong Hyun Nam, è l'inventore di 'iomion 808', il magico prodotto che rende inutile il richiamino del giorno dopo.



Presto
l'invasione dei mercati occidentali. Non vedo l'ora.

come annunciato nel cablogramma #2, questo post è stato pubblicato in blurb, per la rubrica so long and thanks for all the fish.

alla prossima, davide

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trwvup
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20061101

Annunciaziò #1

1 novembre 2006
primo giorno dopo leo

è nato leo, il figlio di sabina e marcus.
sabina è la sorella de la svizzera.
da oggi mi sento un poco più lo zio di corea.

alla prossima, davide

bjvaznhk
effyq

20061025

Comunicato dall'estremo oriente #17

25 ottobre 2006
centosettantesimo quinto giorno del nuovo calendario coreano

gentili.
non farò finta che non siano passati svariati mesi e che le variazioni di comunicato, vedi dispaccio cablogramma cartolina sussurro e via di sventolio di mano ‘guardate che sono qui non mi dimenticate’, erano solo un ricordatore, un sì sì adesso vi comunico. non e’ che non ci sono cose che succedono. ma a volte ci sono cose che succedono e sono grandi e poi pensi che comunico a fare, tanto non mi ascoltano. poi mi sentivo in colpa perché, in seguito a cose più grandi che succedono, anche in europa, durante le mie brevi vacanze estive non sono stato praticamente piu’ di una serata con la maggiorparte di voi. ma io sì che volevo vedervi e che volevo sentire le vostre storie, volevo.
insomma.
come excusatio non petita mi pare che sia abbastanza.

che sono arrivato e come sono arrivato forse lo sapete già, forse lo avete letto e non ve lo ricordate, forse lo avete letto e avete pensato questo qui parla una lingua strana. che per altro è vero e questo incipit sta e lo dimostra.
segue riassunto comprensibile.
riassunto comprensibile: all’atterraggio dopo il viaggio seoul zurigo mi sono sentito straniero, all’atterraggio dopo il viaggio zurigo seoul mi sono sentito straniero.
nel cablogramma tralasciavo tutte le emozioni private, il fatto che claudia non mi abbia riconosciuto all’aeroporto; le ore passate a indagare quale delle due lingue mi e’ meno comprensibile, il coreano o il tedesco; la lacrima superveloce sul tav milano-torino, mia mamma che mi accoglie con la pasta broccoli e salsiccia alla fine di giugno (altro che guaiti, argo è morto troppe migliaia di anni fa), le solite mille cose non dette con raffaela (e pensa se ce le dicessimo…), andare sui gokart con nicola, vari bagni nei fiumi e nei laghi d'oltralpe, la sicilia, la sicilia, la sicilia, e poi inseguire gli ultimi momenti svizzeri, no, jetz ein moment bitte, oh, babe, i hate to go.

sono rientrato pieno di propositi fondamentali per la mia vita e la mia professionalità.
prima di tutto l’acquisto della motoretta. questa per favore stralciatela dalla copia che date alla mia mamma.
un posto, due ruote (quasi tre, ché quella dietro è grossa), quattro valvole, cinque marce, cento all’ora (di calata e ccu ventu a‘ffavori) per tornare dalla bimba mia, centoventicique cc. si chiama troy, ed è la mia moto da marciapiede. è rossa. dite pure quello che volete, quello è il suo nome, e tutte le vostre malignità non scalfiranno il nostro rapporto basato fondamentalmente sull’amore, quello con la lancetta maiuscola.

questo, per la verità è bastato ed avanzato per farmi cambiare la percezione di seoul: quella che era fino ad allora una costellazione di punti uniti da linee sotterranee di metropolitana, sta prendendo mano mano forma, come una sana triangolazione richiede; e io comincio a colorare le aree. la percentuale di smarrimenti è ancora alta in modo preoccupante, ma il dato tendenziale indica che in un eventuale secondo mandato il nostro (cioè io) sarà in grado di orientarsi come uno scout nelle foreste svizzere. in caso di mancato secondo mandato venite a cercarmi nelle suddette foreste, vestirò di pelli di bernese e mi ciberò di bacche al gusto di emmenthal.
mi riconoscerete, nella massa di traditi dal sogno orientale, per il mio pianto sommesso e per la attiva mitopoiesi sull’attraversare i ponti che da sud scavalcano il fiume verso downtown, il vedere le colline di palazzoni che femminee ti vengono incontro, e nascondono la serie di sopraelevate e di profondi ed accoglienti tunnel. se avete in mente l’arrivo a barcellona in ‘tutto su mia madre’, avete anche i brividi giù per la schiena e la pelle di gallina sulle braccia. se avete presente il concepimento in bianco e nero in ‘parla con lei’ va bene lo stesso.

il quattordici settembre, ma potrebbe essere anche il quindici, ma in fondo chissenefrega. insomma è arrivata barbara. barbara non è quella barbara che molti di voi hanno presente. barbara (detta a sua insaputa anche donkas, in quanto milanese, vel la lambretta, in quanto lambratina) studia nell’università confuciana che è vicino ad idas; è a seoul per uno scambio, e mi pare anche una cosa coerente che se in italia studi alla cattolica, in corea studi alla confuciana. non so se la frase ha senso, comunque fa la sua porca figura, così incastonata. sa di giudizio suggerito e non dato, una cosa tra bruno vespa e enzo biagi. che vuol dire niente e tutto. nell’ordine. insomma. 'sta qui è arrivata. ogni tanto ci si vede, e per me sono sempre bei momenti di vita coreana, venati dal suo allegro cinismo lombardo. non so se posso dirlo di una milanese, ma mi sembra che noi si possa diventare amici.

il quattordici settembre, ma potrebbe essere anche il quindici, ma in fondo chissenefrega. insomma è arrivato luca. luca è quel luca che molti di voi hanno presente, ma non è il luca di blurb. luca (that one with a little perm) ed io ci conosciamo da un tempo indescrivibile (mento, era gennaio 1996, via cosmo 9), e le nostre vite non si sono mai cercate; eppure, non si sa come e non si sa perché, hanno corso e corrono tutt’ora in modo incredibilmente parallelo. e adesso che è qui ogni tanto ci vediamo e passiamo il tempo a raccontarci di tutte le magagne coreane e torinesi, pregni del nostro allegro cinismo piemontese. non so se posso dirlo di un torinese, ma mi sembra che noi si possa diventare amici, finalmente.

barbara e luca sono arrivati con lo stesso aereo, ed insieme è atterrato un bel tempo, sia nel senso meteorologico, sia nell’altro.

pochi giorni dopo claudia si è laureata. io, pensando che in fondo non mi avesse riconosciuto a giugno perché ero diventato troppo bello per i suoi ricordi, sono atterrato di nuovo da lei. e di nuovo non mi ha riconosciuto, ma stavolta perché avevo una parrucca di capelli lunghi e neri. poi, carico di nuovo di sensazioni da straniero sono rientrato a casa, e stavolta casa era seoul.

ormai era inizio ottobre, e ad inizio ottobre la corea si ferma per una settimana. è chuseok: in una rara e perfetta riproduzione del giorno del ringraziamento americano, i coreani si chiudono in casa e preparano (gli esseri femmine) e mangiano (gli uomini) per cinque giorni. questo è il concetto principe, anche se sono ammesse delle variazioni: non stiamo in casa e andiamo a chiuderci in un albergo (fatta salva la gran mangiata). le troy hanno ben altre abitudini, e la mia nel particolare ha deciso di celebrare i suoi primi mille chilometri al mare. il mare del nord est. siamo partiti la mattina del lunedì al grido ‘fuori da seoul’, direzione far east; superata la prima ora di traffico si è svelato davanti alla nostra ruota anteriore un inaspettato paesaggio di curve e foreste, che in pratica non ci ha abbandonato fino a quando la corea non è finita nel mar del giappone. ci sono voluti due giorni di viaggio, ma ne è valsa la pena. anche perché la strada ad oriente (route 46, non proprio 66, ma si fa quel che si può) mi ha portato innanzitutto al confine nord, dove l’aere è più profumato di bomba atomica. la sensazione di avvicinarsi verso un bordo del mondo occidentale (il bordo qui si trova verso nord) mi ricordava le passeggiate di un paio di estati fa tra le trincee dell’interno della croazia; al di là delle facili ironie, metteva un brivido di quiete dopo la tempesta. o prima. anche se alla fine non sono riuscito effettivamente ad attraversare il confine (non tanto per la crisi nucleare ancora da venire, quanto proprio non è possibile), i piccoli scorci delle montagne e delle foreste che mi occhieggiavano al di là della zona demilitarizzata che divide le due coree; quei piccoli e sfuggevoli sguardi mi chiamavano come il canto delle sirene di ulisse. per fortuna ero incatenato alla mia fedele troy, ed il cerume nelle orecchie non mi è mai mancato da quella volta che mia madre mi ha trovato dentro l’orecchio destro un proiettile di gomma della pistola ad aria compressa verde di mio fratello. insomma la nord corea mi affascina. non fosse per la condoleeza pianificherei un giro turistico. alla luce degli ultimi fatti ho pensato di fare così: aspetto.
poi sono arrivato al mare, pensavo al mare di inverno, e invece c’era il mare di autunno. i coreani si vantano di essere una nazione che ha quattro stagioni (inverno freddissimo, primavera temperata, estate pioggia, autunno tempo bello precipitazioni di tempi belli). insomma il mare era caldo, tanto. meduse delle dimensioni di piccole balenottere boccheggiavano incagliate sulla spiaggia. mi guardavano lussuriose dei loro colori violetti chiedendomi di girarle sull’altro lato. ho guardato e sono passato. ero di stanza in uno yeogwan (il nome magari non è proprio questo, ma ditemi: ha davvero senso controllarne l’esattezza?). è un bed&breakfast coreano, un po’ più ciulodromo, ma non come le mansarde di vianizzatré. fatto sta che non prevedendo un pernotto tradizionale, non c’è altra illuminazione se non l’amichevole neon-plafone in centrovolta e la televisione. non particolarmente adatto per il nostro novello cheruac in vena di lettura pre-notturna. e allora mi sono alzato e sono andato in cerca di una caffetteria dove sedere, prendere un tea e leggere. daejin è un paese di pescatori ed essiccatori di seppie. gente che lavora, non come quei debosciati delle grandi città. c’è solo un coffee-shop, sono entrato. quello che nella guida non viene detto, ma che mi ha confermato prontamente tucson kim (professore coreano grande tiratore dei fili ingarbugliati della scuola) è che il coffee-shop è tradizionalmente condotto da donne in avanzato stato di età, ed è frequentato da uomini in altrettanto avanzato stato di età; le une offrono le proprie grazie di compagnia, gli altri normalmente le accettano. devo confessare che la signora almeno cinquantenne che mi ha offerto il caffé (io volevo un tea, ma il tea no non te lo dò), e che di seguito si è gentilmente seduta in fronte a me con un sorriso e con pochi sottintesi, ha capito abbastanza in fretta (dal mio improvviso rossore?) che io lì ero in cerca di nient’altro che un buon posto dove andare avanti nella lettura del mio buon libro: si è alzata e si è dedicata all’altro avventore.

per la cronaca, il libro era la biografia di un tossicodipendente (no, non è la storia di lapo raccontata dal padre).
il sonno è arrivato e la mattina mi sono svegliato presto.
è in quel momento che l’ho visto. il più bel postodella corea. è un molo che è stato costruito da pochi anni. su fili che corro da un bastone di legno ad un altro, i pescatori stendono le seppie (hoginnò) a seccare. le seppie penzolano da mattina a sera, da prima dell’alba a dopo il tramonto. e durante il giorno si tingono tutti i colori del sole, e si profumano di tutte le arie del mare. se potessimo trattenere in ogni cosa una briciola della poesia di quelle seppie essiccanti, il mondo sarebbe migliore.

la settimana successiva, a scuola, c’è stato il workshop del semestre autunnale. quest’anno sono venuti due danesi, uno della bang&olufsen, l’altro di un giovane studio di design. il workshop ha un fondo di didattica, ma sostanzialmente vive dello spirito di competizione che si instaura tra i vari team di studenti. ogni professore è supervisore di un team. non vi dico chi ha vinto. però la scuola torinese ha portato a casa primo e secondo posto, una splendida doppietta tutta granata.

sull’onda del successo, lo scorso sabato si è aperta l’edizione coreana di torinodesign. notabili la presenza delle uova-nido di cesario carena, gummy di elasticodisegno, e soprattutto l’etichetta 50vendemmie di raffaela (e adcontent ;-). ma quella che veramente ha spiccato, offuscando tutta l’esibizione, è stata la presenza del nuovo ambasciatore italiano e il suo discorso introduttivo.


adesso io taccio, ché magari in qualche modo le notizie potrebbero filtrare fino alle orecchie dell’ambasciata. mi affido all’intelligente lettore, che saprà capire la mia reticenza. e passo al paragrafo successivo: chi ha orecchie per intendere, intenda.
en passant, stralciate anche questo per la mia mamma. e anche per il papà. fate così, continuate a dire che davide non scrive più.

la giornata, pregna ancora delle emozioni e dei discorsi introduttivi alla mostra, si è conclusa al trance.
le minoranze nella società coreana sono ben accette. purché rimangano ghettizzate in ben determinati recinti, generalmente nei pressi di itaewon. il trance si trova nel recinto gay. alle due e mezza della notte del sabato, al trance, c’è lo spettacolo delle dragqueen. io prima di venire in corea non avevo mai visto uno spettacolo di transgender e non so quanti di voi li abbiano mai visti. a parte barbara, intendo. non è questione di avere queste preferenze sessuali o quelle là, di stare bene nella propria sessualità o no, e via banalità dicendo. qui è questione di pura arte teatrale. io rimango orgogliosamente eterosessuale (digiamo), ma quello che ho visto sabato è stato uno spettacolo emozionante. e il sabato precedente ancora di più. chissà sabato prossimo...
al fianco di questo, ho incontrato la donna dei miei sogni (ça va sans dire dopo raffaela e barbara): nel momento in cui confessavo, pavonazzo in volto, ‘mi piace quella là’, la lambretta ha lapidato con sintesi mirabile: ‘chi, la lesbicona?’.

per adesso mi godo la realtà, che di gran lunga batte i sogni.

alla prossima, davide

20061020

L'erba del vicino

Esiste un’area dove l'uomo non mette piede da cinquanta anni. Ci passa sotto, a volte.
La DMZ, DeMilitarized Zone, è una striscia di due chilometri di larghezza che corre lungo tutto il bordo tra Nord e Sud Corea.
A nord e a sud della DMZ campeggiano dei cartelli che declamano quanto si sta meglio nei rispettivi lati. A nord non so, ma a sud della DMZ ci sono le strade asfaltate della civiltà. Capita a volte di incontrare, nei pressi dei confini della DMZ (avere non un solo limite, ma anche il limite del limite è una di quelle ridondanze che sintetizzano il fondamentale spirito rococò del pensiero sud-coreano). In queste strade capita a volte di incontrare blocchi di cemento in bilico ai lati della carreggiata. Una semplice piccola esplosione ne può alterare l'equilibrio e farli rotolare in mezzo alla strada, bloccando il passaggio ai mezzi di invasione nordici.


A volte questi blocchi recano dei messaggi rassicuranti, del tipo ‘benvenuti nella regione di Kangwondo’.
Altre volte i blocchi non sono disposti lateralmente, ma sono piccoli ponti a cavallo della strada, minati In modo da cadere dall'alto.

Sulla statale che collegherebbe le due capitali, subito prima di entrare in Seoul, c'è una serie di questi passaggi. La porzione inquietante del gigantesco blocco in equilibrio sulle bombe è nascosta da messaggi della reclame di modelli di vita occidentali.


Il vicino di casa si prodiga nel far sapere che continua a fare gli esercizi di invasione. Di qua si è già pronti all'accoglienza.

come annunciato nel cablogramma #4, questo post è stato pubblicato in blurb, per la rubrica so long and thanks for all the fish. purtroppo per problemi tecnici che non saprei spiegare nè tantomeno risolvere, non posso caricare le immagini, al momento. provo piu` in là. se volete vedere le immagini fate riferimento al post originale. per documentare i tentativi trascrivo le parole che blogger mi chiede per verificare che io sia una persona e non un computer spammatore. chi ha un blog su blogger capisce, gli altri vivono bene lo stesso.
parola 01 25oct2006: qkngavj
parola 02 25oct2006: ltkwnb
parola 01 26oct2006: jmzputrc
parola 02 26oct2006: qwcak
parola 01 08nov2006: ikckmf
parola 01 12nov2006: cxaqow
parola 01 15nov2006:pdcjvztd

alla prossima, davide

20061016

Cartolina #1

16 ottobre 2006
cenetosessantesimo sesto giorno del nuovo calendario coreano

cari mamma e papà,
a volte i messaggi che le insegne coreane mi urlano dai muri dei palazzi proprio non li capisco.

altre volte sì.



alla prossima, davide

Cablogramma #4

15 ottobre 2006
cenetosessantesimo quinto giorno del nuovo calendario coreano

da lunedì su blurb, so long and thanks for all the fish, il secondo.

alla prossima, davide

20060915

Cablogramma #3

15 settembre 2006
centotrentesimo quinto giorno del nuovo calendario coreano


hang over noodles
sono tornato dal festeggiamento del compleanno di un amico ad itaewon. vino grappa e barbaresco gaia. conclusione con la solita discussione sociopolitica con il ristoratore immigrato, fautore della nuova giovane italia mazziniana (ma expat), contro il degrado della società dirigente italiana. stavolta il dissidente di lotta continua ed io (sdraiato supino come sempre sulle posizioni di un partito che non c’è) non abbiamo molto da rispondere, soprattutto quando viene fuori il nome di demichelis.
rientro in cerca di una massa per arginare il dilago alcolico nel mio sangue, magari un sano pollo mangiato con le mani, ma l’unico mio conforto di una seoul dormiente alle quattro di mattina sono i miei favoriti instant noodles zangchang.

alla prossima, davide

20060914

Le parole che non ti so dire

antefatto: io di coreano so niente. tanto meno di filologia. tuttavia percepisco la di loro indispensabilità.

quando sento parlare gli idiomi indoeuropei che non comprendo, mi sembra naturale cogliere alcune parole conosciute nel mazzo del discorso. queste fanno evidentemente parte del territorio culturale comune: non ci faccio attenzione, il più delle volte. (molta più specie sentire ordinateur e mégaoctet o ratòn).

anche nel coreano, che notoriamente è con l’italiano una delle due lingue fulcro del mondo del commercio internazionale, è quindi invalso l’uso di termini di idiomi fondamentalmente anglosassoni per sintetizzare un concetto. in particolare nel mondo dell’elettronica le parole computer megabyte mouse printing system brand design business (ma anche burgerking e macdonald), sono traslitterate in caratteri hangul, pur rimanendo grossomodo salva la pronuncia.

leggendo mi ritrovo a trascinarmi da un carattere all’altro biascicando come ubriaco un pe-nh bo-lhl per comprare una misera penna sfera.

seguire una conferenza di un designer coreano, saltando da un albero di business planning ad un ramo di trend setting; inventando liane per attraversare il ciacolìo sfuggente, in aria fino al prossimo accounting environment. sbattere come in un’epifania contro il palo della parola madre di tutte, che il coreano sente il bisogno di prendere dall’ingelse, perché un equivalente non lo sa usare: communication.

come annunciato nel cablogramma #2, questo post è stato pubblicato in blurb, per la rubrica so long and thanks for all the fish.

alla prossima, davide

20060912

Cablogramma #2

12 settembre 2006
cenetotrentesimo secondo giorno del nuovo calendario coreano

succede che luca, il mio account planner preferito, ha un blog che si chiama blurb.
e poi succede che mi propone di collaborare a blurb.
so long and thank for all the fish, che è il titolo della rubrica, parte mercoledì questo.

prometto che questo non priverà i miei lettori e me de i 516.46. e viceversa.
viceversa vale anche per tre?

alla prossima, davide